“Guarda, arriva un padre esausto!“
dice la mora, una tipa simpatica. L’altra delle due mamme, che come me spinge davanti a sé un passeggino nel parco di Bergisch Gladbach, ride. Ride e basta. E io penso „Beh, che hanno da ridere? I loro bambini dormono, ciuccio in bocca e non senti più nulla”. Invece scoppio subito, felice di poter finalmente tirare fuori tutto: “Sì, il bambino infatti non dorme, urla tutta la notte e quindi non c’è da stupirsi che sono tutto pallido. Non si riesce a chiudere occhio!”„Colpa tua!“ dice una delle due mamme, quella bionda, che ora mi ha preso nel mirino. Mi assalgono entrambe con consigli, in stereo, con tono da scaricatrici di porto: “Devi lasciarli urlare, lasciali semplicemente urlare, chiudi la porta, metti i tappi nelle orecchie e basta. Dopo tre settimane finisce tutto!“ „Al più tardi dopo sette!“ dice a questo punto la bruna simpatica e “Ci vuole un po’ di tempo ma lasciare urlare è l’unico metodo che funziona. E di giorno tenerli svegli! Ah, quello che fai ora è tutto sbagliato!“ Con tono sottomesso rispondo che ci proverò, un po’ come chi arriva in ritardo o chi non vuole sentire, e spingo il passeggino come in uno stato di trance.
Credo che tutti conosciamo il senso di stanchezza che si ha quando il bambino non vuole fare la nanna. Almeno adesso, sui sentieri di bosco dissestati il mio bambino dormiva. I giorni seguenti fu il mio turno di badare al bambino, in fondo è giusto dividersi le responsabilità. Appena iniziò a piangere guardai il mio Seiko: resistetti altri 20 secondi. Preferii mettermi per terra di fianco al lettino a cantare canzoncine, raccontare storielle e questo, dopo le tante ore nella macchina aziendale, faceva bene anche alla mia schiena. Dalle lezioni di pedagogia mi ricordavo ancora che i primi anni sono importanti per la formazione, che il lasciar urlare poteva causare un trauma della separazione e suscitare nella mia bambina rassegnazione. Il mostrare affetto, il tenerli in braccio (la maggior parte dei neonati all’inizio desiderano essere tenuti in braccio), il ritmo del sonno e la tranquillità fanno bene. Ma spesso tutto questo non basta. Allora è utile avere alla mano il consiglio di madri esperte. Ovviamente non di quelle che lasciano urlare. “Dorme già o piange ancora?” è una guida per tutti quelli che sono come me, esseri umani per i quali l’approccio duro è qualcosa che spezza il cuore, che non vogliono e non possono lasciare urlare.
Ora ho tre maschi. Uno si tranquillizza ascoltando Mozart, l’altro si rilassa con un pianoforte ben accordato. Il terzo ama le storie, sempre la stessa – quanti lupi questa volta, quante caprette? I bambini si ammalano. Ai bambini crescono i dentini. Questi sono periodi di crisi. „Dorme già o piange ancora?“ sono i consigli dalla bocca e dal cuore di un’esperta per tutti quelli che, quando sentono il proprio figlio strillare, non cercano i tappi per le orecchie e che non direbbero mai „Ma dai, tanto non ha niente…”
- Karl Hinkel, Köln
Traduzione della citazione originale!